Consultazione ANAC sul Whistleblowing: Posizione del Centro Hermes
Posted in News at 16.03.2015
Il Centro HERMES risponde alla consultazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sul Whistleblowing (Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)
In seguito riportiamo la risposta del Centro HERMES, inviata attraverso modulo UR104:
Spett.le A.N.AC.,
seguiamo attentamente l’ottimo lavoro che sta svolgendo l’Autorità in un contesto socio-culturale problematico caratterizzato da fenomeni corruttivi di ampia portata, estremamente complessi, difficili da contrastare e ancor più da prevenire con efficacia.
Il nostro apprezzamento, tuttavia, non può essere esteso alle politiche adottate in materia di whistleblowing, in merito alle quali, purtroppo, dobbiamo essere invece particolarmente critici, senza nessun intento polemico ma con puro spirito costruttivo.
Da addetti ai lavori operanti nell’ambito del whistleblowing dal 2010, abbiamo notato in questi mesi un approccio, spiace dirlo, non professionale e non in linea con le indicazioni contenute nelle best practices internazionali di settore, sia dal punto di vista della gestione del flusso che del processo riguardante la sicurezza delle informazioni.
In primo luogo ha destato stupore la scelta di utilizzare, come strumento per ricevere le segnalazioni, il semplice indirizzo e-mail [email protected], con evidenti problemi di gestione, coordinamento e centralizzazione del flusso comunicativo pervenuto e di reale garanzia di riservatezza nella trasmissione dei messaggi di posta elettronica (c.d. anonimato tecnologico). Secondariamente appare immediatamente evidente come le linee guida attualmente oggetto di consultazione appaiano una mera interpretazione della norma nei suoi aspetti tecnico-legali e non siano in grado di cogliere l’essenza dell’istituto del whistleblowing, di valorizzarne le peculiarità, facilitarne l’applicazione pratica e in ultima battuta di incentivarne adeguatamente l’uso collettivo per il contrasto della corruzione.
Il ruolo di primissimo livello che l’Autorità nazionale anticorruzione ricopre e il fatto che dall’agosto scorso essa sia, per legge, tra i soggetti competenti a ricevere notizie e segnalazioni di illeciti, generano forti aspettative di indirizzo autorevole anche in tema di whistleblowing.
Le nostre osservazioni vertono su 5 principali problematiche inerenti:
- Il vincolo di verifica dell’identità del segnalante
- Le modalità implementative del sistema Informativo
- La modulistica di segnalazione
- Le tempistiche e le modalità di riscontro al whistleblower
- La mancanza di accountability pubblica del sistema
In seguito le osservazioni elaborate con dovizia di dettaglio:
1. Problematiche inerenti al vincolo di verifica dell’identità del segnalante
L’impostazione generale pare tesa al formale e burocratico soddisfacimento del dettato normativo, la cui cornice effettivamente non è particolarmente felice, senza tuttavia considerare le ripercussioni negative sugli aspetti sostanziali e operativi. Il nodo cruciale riguarda la “validazione” dell’identità del segnalante al fine di accertare il suo status di “dipendente pubblico” che dunque può godere delle tutele stabilite dalla legge mentre “l’invio di segnalazioni anonime e il loro trattamento avviene, comunque, attraverso canali distinti e differenti da quelli approntati per le segnalazioni oggetto delle presenti”.
Pur concordando sul fatto che le segnalazioni anonime non sono da incoraggiare, la volontà di procedere a un’identificazione così puntuale del segnalante (tale da ricomprendere anche qualifica, ruolo ed eventualme richiedere allegati che ne comprovino l’identità) unita all’indeterminatezza del processo di gestione delle segnalazioni anonime ha senza dubbio un effetto deterrente soprattutto nei confronti di soggetti emotivamente deboli, sospettosi nei confronti delle procedure o dei soggetti riceventi, caratterialmente timorosi, male consigliati oppure che semplicemente non se la sentono di fornire per altre motivazioni le proprie generalità.
In questa fase storica, riflettendo sul contesto culturale del nostro Paese e valutando il basso livello di maturità dell’istituto non andrebbe assolutamente preclusa la ricezione di una segnalazione qualitativamente buona, circostanziata seppure inizialmente veicolata in forma anonima: è bene ricordare che disvelare la propria identità in un momento successivo è sempre possibile (solitamente avviene dopo che si è costruito un legame di fiducia tra gli interlocutori) ma non può mai avvenire il contrario. Con l’approccio oggi proposto, dal punto di vista del whistleblower non vi sarebbero sostanziali differenze percepite fra l’effettuare una segnalazione “dichiarando la propria identità” all’A.N.A.C. e lo sporgere una denuncia presso le autorità.
Anni di esperienza in materia di whistleblowing maturati a contatto con autorevoli organizzazioni internazionali ci consentono di affermare che la grande maggioranza dei segnalatori che dialogano a mezzo elettronico, prima condividono anonimamente informazioni utili, come fonti informative discrete e solo in seguito, dopo un dialogo e riscontro continuo e iterativo sulla validazione e investigazione, acquisendo fiducia nei riguardi del soggetto a cui hanno segnalato, arrivano a dichiarare la propria identità.
Il processo sopra descritto, logico, umano e ragionevole, non è in alcun modo supportato dalle linee guida proposte.
L’Italia, come è stato sottolineato durante il G20 dello scorso giugno e ribadito diverse volte dal Garante Privacy con comunicaizoni ufficiali al Parlamento e al Governo, non ha ancora una regolamentazione che tuteli i dipendenti privati: potrebbe essere l’occasione per fornire un’interpretazione estensiva. [Rif. Linee Guida - Parte II punti 2,3,4].
2. Problematiche inerenti alle modalità implementative del sistema Informativo
Apprendiamo dalle linee guida che l’Autorità prevede un regime transitorio “atteso che l’attuazione del sistema informatico per la gestione delle segnalazioni sarà completato nel medio termine a motivo della sua complessità tecnica”. Ciò ci porta a pensare che sia in atto un progetto di sviluppo software di una piattaforma che richiede parecchie risorse e probabilmente utilizza tecnologie proprietarie (considerando anche le modalità informatiche con cui è organizzata la raccolta di queste osservazioni…).
Sinceramente siamo molto rammaricati nel constare che quella che crediamo essere un’eccellenza italiana nel mondo non possa proprio esservi d’aiuto: nemo propheta in patria! La nostra associazione no-profit è impegnata da circa 5 anni nel contrasto alla corruzione attraverso la produzione e la diffusione di tecnologie innovative adottate, ad oggi, in oltre 18 Paesi nel mondo.
Il Centro Studi Hermes, fra i fondatori del Whistleblowing International Network (WIN) e co-organizzatori dell’International Whistleblowers Conference, nasce a seguito dell’incontro tra esperti di sicurezza informatica, programmatori, giuristi, avvocati e consulenti con l’intento di sviluppare sistemi che sfruttino la tecnologia come potente fattore abilitante nel contrastare la corruzione e promuovere la trasparenza. Siamo gli autori del primo e unico software libero e gratuito di whistleblowing, GlobaLeaks, utilizzato per ricevere e gestire segnalazioni garantendo, all’occorrenza, anche l’anonimato tecnologico della fonte.
Nonostante il Centro Hermes sia interamente italiano, la ricerca e lo sviluppo del progetto, iniziati nel dicembre del 2010, sono interamente finanziati da sostenitori esteri quali l’Open Technology Fund di Washington (che fa riferimento al Congresso USA) e l’Hivos Foundation (connesso al Ministero Affari Esteri olandese). Ad oggi sono oltre 20 le installazioni effettuate e in questi mesi abbiamo lavorato a fianco di Transparency International Italia al portale Allerta Anticorruzione (ALAC) che sta dando ottimi risultati; proprio la settimana scorsa inoltre è stata lanciata la prima piattaforma di whistleblowing francese “Source Sure” basata su GlobaLeaks con Le Monde a fare da capofila ad altri prestigiosi media d’oltralpe.
Prossimi ambiti di utilizzo di GlobaLeaks nell’ambito anticorruzione sono l’East Africa Anticorruption Authority Association, che riunisce 8 autorità nazionali anticorruzione africane, e l’agenzia nazionale per gli appalti pubblici delle Filippine, coordinata da Transparency International Filippine.
A corredo di quanto sopra è utile sottolineare come tutte le P.A., ai sensi dell’art. 68 22 del Codice di Amministrazione Digitale “dovrebbero acquisire programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato” portando a risultati virtuosi sia in termini economici che di miglioramento costante del processo. [Rif. Linee Guida - Parte III punto 4.2.1].
Riteniamo che A.N.A.C. prima che indirizzare progettualità e appalti per lo sviluppo di piattaforme informatiche proprietarie, probabilmente molto costose e non orientate al riuso, debba guardare alle esperienze italiane di rilevanza internazionale, migliorando la base software open source GlobaLeaks, favorendo lo sviluppo di un ecosistema di ricerca e sviluppo trasparente e scientificamente validato, anche in collaborazione con l’accademia e le comunità di supporto del software libero.
3. Problematiche inerenti alla modulistica di segnalazione
Il “Modulo per la segnalazione whistleblowing” di cui all’All. 2 è ampiamente migliorabile poiché prevede solo un ristretto numero di dati strutturati: ciò consente l’ingresso nel sistema di un elevato numero di segnalazioni qualitativamente non adeguate e potenzialmente di tipo delatorio.
La nostra esperienza internazionale maturata lavorando accanto a organizzazioni che gestiscono migliaia di casi reali, anche molto differenti tra di loro, ci ha permesso di acquisire perfezionare i sistemi di filtraggio atti a ridurre la quantità di segnalazioni non pertinenti abilitando anche funzionalità statistiche e metodi intelligenti di instradamento delle stesse.
Sottolineiamo come una modulistica semplicistica come quella riportata non consenta l’implementazione di sistemi informativi dotati di meccanismi di instradamento intelligente e/o di educazione lungo il processo di segnalazione e/o di analisi statistiche di dettaglio o aggregate volte all’introduzione di meccanismi di accountability.
4. Problematiche inerenti alle tempistiche e alle modalità di riscontro al whistleblower
Il termine con cui si intende dare riscontro ai segnalati è da ritenersi eccessivo (“90/120 giorni dalla ricezione delle medesime segnalazioni”) e le modalità adottate non risultano corrette sia da un punto di vista concettuale poiché riteniamo sia l’Autorità a dover in modo proattivo dare riscontro al segnalante e non viceversa, sia per ciò che concerne le modalità insicure di comunicazione attraverso lo strumento della posta elettronica (“Solo alla scadenza del predetto termine sarà possibile chiedere informazioni in ordine allo stato della segnalazione inviata, utilizzando l’indirizzo [email protected]”). [Rif. Linee Guida - Parte III punto 4.2.1].
Riteniamo che il riscontro al segnalante debba essere fornito in tempo reale rispetto agli avanzamenti di gestione del caso, senza che questi debba di sua sponte sollecitare un riscontro e attraverso l’uso mezzi di comunicazione sicura.
5. Problematiche inerenti alla mancanza di accountability pubblica del sistema
Non è prevista alcuna forma di accountability pubblica del sistema, tramite l’implementazione di tecniche di trasparenza e analisi di dati aperti (c.d. open data): il Centro Studi Hermes sta pianificando una collaborazione con il Centro Nexa per rendere le procedure di whistleblowing verificabili dall’opinione pubblica.
Il pubblico, e quindi anche il whistleblower, non sarebbe in grado di conoscere né quante segnalazioni sono state accolte dal sistema né quali sono state le tempistiche di gestione oltre agli esiti delle stesse.
Solo tramite l’implementazione di sistemi di accountability pubblica è possibile guadagnare la fiducia del whistleblower. Diversamente essi saranno portati a considerare il sistema di segnalazione A.N.AC. non trasparente, non affidabile e inefficiente.
Conclusioni
In qualità di membri della società civile, intendiamo con queste osservazioni proseguire il nostro impegno dando un contribuito fattivo a quella che pensiamo essere una causa comune.
Auspichiamo che l’A.N.AC., che sta svolgendo un lavoro enorme e preziosissimo per contrastare la corruzione, non si lasci sfuggire l’opportunità di sfruttare gli immensi benefici a vantaggio di tutta la collettività che corretti sistemi di gestione delle segnalazioni sono in grado di fornire.
L’impostazione attuale delle linee guida è altamente disincentivante e rischia di soffocare il Whistleblowing sul nascere.
Fiduciosi di potere ottenere un riscontro in merito a quanto sopra esposto, rimaniamo a vostra disposizione per approfondimenti.
Centro Studi Hermes per la Trasparenza e i Diritti Umani Digitali
Alessandro Rodolfi - Membro del Board
Fabio Pietrosanti - Presidente
Marco Calamari - Membro del Board